Se lo dico perdo l'America

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Se lo dico perdo l'America di Lidia Ravera

ET al. edizioni, 2012

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Volume integro, mai sfogliato (fondo di magazzino), in perfette condizioni se si fa eccezione per alcune infinitesimali fioriture.

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Dura, diretta e impulsiva, ma anche impacciata, autoironica, sentimentale. E la Giò degli anni ottanta, sorella minore della protagonista di "Piccole donne". In "Bagna i fiori e aspettami" l'abbiamo conosciuta ossessionata da una passione edipica vissuta molto pericolosamente, ora è cresciuta: vive sola e scrive gialli. Ma il suo sguardo pungente e la sua spiccata propensione a mettersi nei guai non sono affatto cambiati. Sarà l'incontro con un produttore americano, questa volta, a trascinarla in una nuova avventura a perdifiato: presentarsi al tycoon (omosessuale) in incerti e un po' goffi panni maschili si rivelerà una mossa dalle conseguenze inaspettate, che la condurrà a un turbolento soggiorno newyorkese, tra sequestri, sparatorie, misteriosi messaggi video e rischiosi incontri con le peggiori bande criminali del Bronx. Un intreccio sapientemente costruito dietro al quale, al di là di grattacieli, magnati della finanza e atmosfere hard boiled, fa capolino una delicata riflessione sul difficile rapporto con la propria identità di genere, sulla forza e sulle divertenti debolezze di un personaggio femminile lontano da stereotipi e cliché. "In preda al desiderio di leggerezza che aveva contagiato un po' tutti dopo anni di piombo e rancore,'' scrive oggi Lidia Ravera, "decisi di rubare le sorelle March alla defunta collega Alcott, di strappare loro di dosso le crinoline dell'800. E di rimetterle al mondo, nel nostro mondo."

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